Ok, sembra semplice e in effetti non è poi così complicato, anche se capita spesso che questi due termini siano utilizzati in modo improprio, a volte come sinonimi l’uno dell’altro.
Per capire a fondo quindi il significato di branding è fondamentale definire cosa è il brand. Jeff Bezos, CEO di Amazon, lo sintetizza in una semplice frase: “Il tuo brand è ciò che gli altri dicono quando non sei nella stanza”
Che cos’è un brand? In altre parole, è l’insieme delle caratteristiche impalpabili ma percepite di un prodotto o servizio da parte del suo pubblico di riferimento.
Spesso si pensa che fare branding sia un’attività ad appannaggio delle grandi aziende che hanno ingenti budget a disposizione per il marketing e la comunicazione. La maggior parte delle aziende italiane è composta da piccole e micro imprese spesso sconosciute perché operano in mercati di nicchia o comunque marginali rispetto a quelli più conosciuti. Il loro approccio è prettamente commerciale con focalizzazione quasi esclusiva sul prodotto o servizio: miglioramenti di qualità o introduzione di innovazioni prima o poi vengono copiati ed adottati dalla concorrenza. Il risultato è un prodotto/servizio poco riconoscibile: il cliente non capisce quale sia la differenza tra il prodotto “originale” e quello uscito successivamente, e tende ad effettuare la sua scelta sulla classica leva qualità/prezzo.
Fare branding, avere una buona strategia di branding, diventa quindi indispensabile anche - e soprattutto - per le PMI: quando le risorse a disposizione sono limitate è fondamentale definire con precisione la propria identità di brand in modo da ottimizzare tutti gli investimenti successivi e rendere il proprio prodotto unico e ben riconoscibile dal proprio target di riferimento. Una strategia di branding aiuta l'azienda a differenziarsi e a differenziare il proprio prodotto da tutti i competitori diretti ed indiretti, aggiungendo valore e capitalizzazione.
Siamo designers: creare un brand per noi è come sviluppare e realizzare un progetto di design. Il primo obiettivo è identificare l’output del progetto: che si tratti della creazione di un brand totalmente nuovo, di un’operazione di rebranding, o della più semplice creazione dei materiali visivi di comunicazione. Individuato l’obiettivo, procediamo utilizzando tutto il nostro knowhow in modo da visualizzare ogni singolo momento del percorso progettuale. Fondamentale quindi organizzare tutte le attività del branding development in una sequenza logica e temporale: il nostro percorso si articola in tre macro step che chiamiamo strategy, identity e experience.
Il primo passo per definire la strategia di sviluppo del brand è quello di comprendere lo scenario competitivo in cui ci si trova e conoscere i competitor.
Per questo motivo, organizziamo con il cliente una serie di incontri in cui definiamo insieme il settore di riferimento, le sue caratteristiche più rilevanti e i principali concorrenti presenti.
Nel nostro brand positioning book studiamo la comunicazione dei competitor identificati per comprendere cosa dicono e, sulla base di questa analisi, individuare potenziali attributi “liberi” su cui fondare l’elemento differenziante della marca.
Solo così sarà possibile definire un posizionamento funzionale che faccia ottenere al brand il massimo livello di notorietà, collocandolo nella mente del cliente in una posizione dominante rispetto alla concorrenza.
«L’approccio alla base del brand positioning non è quello di creare qualcosa di nuovo e diverso, bensì quello di manipolare ciò che già è presente nella mente» – Al Ries e Trout
La brand equity esprime la forza della presenza del brand sul mercato. Possiamo analizzarla da un punto di vista finanziario, con focus sul valore del brand oppure da un punto di vista marketing ponendo invece l’attenzione sul patrimonio d’immagine che il brand si è costruito. Il concetto ha quindi un duplice significato, noi ci focalizziamo sul valore della conoscenza del brand e sull’effetto che il riconoscimento e la percezione di esso, da parte del consumatore, hanno sulla risposta d’acquisto.
È una strategia orientata all’identità e ai valori distintivi e differenzianti con cui il brand compete sul mercato.
È fondamentale individuare la categoria nella quale il brand si inserisce. Al Riese e Jack Trout, pionieri dell’idea di posizionamento, sostengono infatti che la categoria giochi un ruolo basilare nel processo di posizionamento del brand (non sul mercato, ma nella mente del consumatore/cliente). Individuiamo quindi la categoria e analizziamo quali siano gli eventuali competitor: se, come spesso accade, è già presidiata da altri brand suggeriamo di crearne una ex-novo e di posizionare li il nuovo brand. In alternativa, in presenza di un brand già esistente e posizionato, definiamo come presidiare la sua posizione per rafforzamento o contrapposizione.
Il focus risponde esattamente a ciò che vogliamo far pensare al cliente quando pronuncia il nome del brand. Troviamo la parola: come ad esempio per Harley Davidson la parola è libertà, per Disney è magia, per Jeep è avventura e così via. Quella parola deve essere libera (nel senso di non utilizzata da altri) nella categoria in cui vogliamo posizionare il brand. Solo così iniziamo a rendere unico e differente il brand che andiamo a definire. Un ulteriore modo per approfondire il focus è quello di analizzare e dichiarare cosa è e - soprattutto - cosa non è il brand, lasciando fuori tutto quello che non è “core”. Infine, definiamo quali siano le specializzazioni in cui l’azienda fa davvero la differenza e le aggiungiamo alla dichiarazione di focus.
USP, altrimenti detta "proposta unica di valore”, è una frase che riassume in sé il concetto chiave differenziante del brand. Naturalmente si arriva alla sua definizione passando per la definizione di categoria, posizionamento, target e focus. Il concetto chiave è un assunto per il quale le persone riescono a ricordare il brand grazie ad un elemento o una caratteristica che lo renda differente o - per appunto - unico nella sua percezione. La USP si costruisce man mano attraverso una formula ormai collaudata da decenni di studi di marketing. E, grazie alla formazione continua del nostro staff, applichiamo e miglioriamo continuamente questa “formula” in modo da renderla sempre più efficace. L’obiettivo di questa fase è di dare all’azienda e al brand una frase breve e precisa che faccia capire esattamente le caratteristiche principali del target, del posizionamento e del vantaggio competitivo che il consumatore/cliente si potrà portare a casa.
Qui è dove ci focalizziamo sull’analisi e aiutiamo i nostri clienti a individuare tutte le caratteristiche fondamentali per sviluppare la nuova identità del brand.
Molte agenzie raccolgono il “brief” dal cliente e poi realizzano un’analisi sulla base delle - poche - informazioni emerse. Noi ci siamo resi conto che sono spesso le cose non dette a fare la differenza: per questa ragione abbiamo messo a punto un metodo di analisi molto più approfondito, che conduciamo insieme al nostro cliente. Grazie al nostro brand strategy book entrambe le parti (noi e il cliente) prendono consapevolezza di tutti gli aspetti del prodotto/servizio, arrivando talvolta a far emergere informazioni latenti o a mettere luce su caratteristiche poco chiare. Per questo è molto importante una buona strategia di brand.
In effetti diciamo sempre "Conosci te stesso, e la tua azienda. La consapevolezza delle proprie capacità, dei propri valori e soprattutto del proprio prodotto sono la base per la realizzazione della brand identity.” (Run Design).
Vediamo ora i punti salienti della nostra analisi di brand.
Iniziamo individuando il target a cui si rivolge il brand. Scendiamo nei particolari fino a dettagliare esattamente ogni caratteristica. Spesso emerge la necessità di individuare un target primario e uno secondario (e a volte anche un terzo). Definiamo le buyer personas e creiamo l’identità di ognuna di esse, in modo da rendere più naturale e immediato il riconoscimento dei segmenti di target definiti. Ampliamo la mappa ricercando quali siano i settori alternativi e i gruppi strategici, definiamo qual è il gruppo di acquirenti, i servizi e i prodotti complementari, le caratteristiche funzionali ed emozionali, i trend generali e specifici, e in ultimo anche chi sono i non clienti e perché non comprano.
In caso di compresenza di più prodotti o servizi, la nostra analisi si sviluppa anche nell’individuazione dell’architettura di brand che si andrà a progettare.
Quando parliamo di architettura di marca intendiamo la struttura gerarchica dei brand all’interno dell’organizzazione. Il modo in cui i brand dell’azienda sono collegati tra loro e resi differenti gli uni dagli altri. Progettare l’architettura, o riorganizzarla, serve a definire come il brand principale e i relativi sottobrand sono correlati e si supportano l’un l’altro e come possono rinforzare o riflettere i principali valori di un brand corporate. Spesso interveniamo per suggerire una riorganizzazione funzionale di tutti i brand e sotto brand che si sono creati nel passato dell’azienda, così da massimizzare l’impatto comunicativo e il valore del brand principale. In altri casi, sulla base delle indicazioni dell’area marketing del cliente, individuiamo le linee basi su cui sviluppare, in futuro, un’architettura di brand chiara e funzionale.
Parliamo di personalità di brand quando guardiamo alla marca come una persona, con le sue caratteristiche ed il suo carattere. Proprio perché, da definizione, il brand è un insieme di qualità impalpabili ma percepite, è fondamentale individuare che tipo di carattere deve essere associato alla marca. Ad esempio: Virgin è l'irriverente, Nike è conquistatore, Harley Davidson è il ribelle. Il concetto che sta alla base di questa strategia di branding è che se la marca si comporta come una persona è maggiore la possibilità di avvicinarsi - per affinità di carattere e comportamento - alle persone che hanno una personalità analoga. In questo caso quindi si parla di marca aggressiva, sportiva, semplice, irriverente, sofisticata…
Bene, ora che abbiamo definito ed analizzato tutti questi aspetti della marca, come li possiamo raccontare al pubblico? Ecco che arriva in nostro aiuto lo storytelling, o la narrazione di come e soprattutto cosa raccontare.
Questa pratica, divenuta quasi una moda negli ultimi anni, fa leva su un concetto tanto semplice quanto potente: le persone si ricordano molto meglio di un brand se lo racconti attraverso una storia che generi emozioni. Studi recenti nell’ambito della linguistica e del neuromarketing hanno evidenziato come le emozioni siano il traino che coinvolge e convince ogni singola persona nel processo di scelta e di acquisto. Il brand storytelling ha quindi il duplice obiettivo di comunicare i valori della marca e la sua USP, e anche - soprattutto - di creare legami emozionali tra la marca e le persone, aumentandone la fiducia ed il ricordo.
Le Buyer Personas sono un efficace strumento strategico che permette di capire come intercettare e influenzare la decisione d’acquisto dei potenziali clienti. Si possono considerare come l'espansione del concetto di Target in quanto vengono definite proprio con un nome, un volto, le caratteristiche fisiche e sociali, i tratti della sua personalità, i bisogni, i pensieri e i comportamenti.
Il funnel, dall’inglese imbuto, è alla base di una delle strategie più importanti nel mondo del marketing, quella per convertire un contatto in cliente. Un imbuto in cui gli utenti, in teoria, dovrebbero cadere e rimbalzare a colpi di notorietà, considerazione, decisione e acquisto.
L’identità di marca, intesa come l’insieme dei valori, del focus, della personalità, delle caratteristiche, è ciò che abbiamo analizzato e definito nella prima fase, la "brand strategy" o strategia di branding.
Tutti gli elementi che permettono di identificare e visualizzare il brand (nome, logo, payoff, keyvisual, ecc.) sono quelli che comunemente utilizziamo quando parliamo di brand identity.
Ci occupiamo, in questa fase, della creazione di artefatti grafici che traducano visivamente tutto quanto emerso nella fase di strategia e permettano di dare consistenza e identità visiva al nuovo brand.
Quando nasce un brand deve nascere, necessariamente, un nome. Il verbo utilizzato è proprio “nascere”, alcuni sembrano pensare che il nome sia solo questione di scelta, ma non è così. Il brand naming fa parte di un processo strategico. Come per ogni progetto di design, che sia un logo, un sito web o un nome, infatti, esso non può prescindere dallo studio di una strategia preliminare che prende in considerazione: l’obiettivo del marchio, il target di destinazione, i valori che vuole trasmettere, la personalità che dovrà avere, il messaggio che vuole esprimere. Per una corretta strategia di naming va sempre tenuta ben presente la personalità di brand, il carattere della marca che andiamo a definire senza seguire trend momentanei o mode effimere. Questo è un aspetto fondamentale per creare il nome giusto per il brand. Il nome del brand deve raccontare una storia, la sua! Il processo di naming deve portare a un nome in grado di trasmettere i valori su cui si fonda la tua attività, trasmettere emozioni e autenticità.
Il termine logo è l’abbreviazione di logotipo che, in greco antico, significa “parola” e “segno”. I logotipi sono generalmente composti da un disegno e da una scritta. Il logo rappresenta l’identità di un’azienda, di un brand. Il suo scopo è quello di firmare l’immagine costruita attorno al brand e rispecchiarne i valori e la filosofia. Il logo è al centro dell’identità aziendale. Perché sia efficace, il logo dovrebbe essere semplice, riconoscibile e in grado di farsi ricordare. Inoltre, deve essere originale, in modo da non confonderlo con altri, e versatile, in modo da prestarsi a più usi. Infine, deve essere appropriato per il settore di riferimento del business rappresentato. Le tipologie di logo design sono: logo testuale o wordmark, logo monogramma o lettermark, logo simbolico o brandmark, logo astratto, logo stemma o emblema, logo mascotte e logo iconografico/misto o combination mark. Prima di dare libero sfogo al processo creativo e al disegno del logo è bene partire con un’analisi dettagliata dell’azienda e del suo brand e avviare un’indagine del settore di riferimento in cui questo si colloca.
Nonostante il logo sia il nucleo del sistema di comunicazione del brand, da solo non è in grado di comunicare in modo efficace il sistema di valori, l’immagine e gli obiettivi che il brand incarna. Quello che dà valore al brand non è il singolo elemento grafico, ma tutto il sistema di corporate identity. Il logo è certamente uno dei primi materiali che si vanno a creare, ma funziona solo se supportato da una strategia di comunicazione che lo contestualizza. I 5 pilastri della corporate identity sono: naming, logo design, baseline (tagline o payoff), tone of voice e brand book manual. Tutti questi fattori concorrono alla buona riuscita di una brand identity e il compito di una brand agency è quello di trovare l’equilibrio tra tutti questi elementi partendo da un’analisi strategica preliminare e testando spesso i risultati della comunicazione in modo che siano sempre allineati agli obiettivi della brand strategy.
Il termine look and feel indica la combinazione tra design e interfaccia utente, è il modo in cui gli elementi grafici come layout, colori, tipografia ecc. (il look) dialoga con l’aspetto funzionale coinvolgendo anche la parte emozionale (il feel) nell’interazione. Il look and feel funziona quando tutti gli elementi che concorrono a vestire un artefatto comunicativo, digitale o stampato, convivono in modo coerente e armonico influenzando positivamente il modo in cui l’utente lo percepisce.
ll tone of voice, ToV, è “come” il brand comunica il suo carattere. È l’insieme delle scelte linguistiche e visive che il brand decide di utilizzare nelle diverse forme di comunicazione per recapitare il suo messaggio. La voce del brand, il tone of voice, non è cosa viene detto ma in che modo lo si dice. Una voce chiara e coerente della marca, del brand, permette di distinguersi dai competitors e connettersi con i propri consumatori. Fondamentale, innanzitutto, è domandarsi: “a chi stiamo parlando?” Il tone of voice è infatti fortemente influenzato dal target che si è individuato: età, interessi, stili di vita diversi implicano strategie diverse per individuare il tono giusto per la comunicazione del brand. Ogni contenuto può posizionare il proprio ToV lungo 4 dimensioni: umorismo, formalità, rispetto ed entusiasmo. Il tono si applica a tutti i canali e ovunque ci sia un punto di contatto con i propri utenti.
Brand guidelines, brand bible, styleguide, brand book manual, brand identity manual: sono i nomi con i quali si identifica il documento che raccoglie le linee guida per l’utilizzo di un logotipo, di un brand, e per l’applicazione della sua immagine coordinata. Lo scopo è quello di istruire chiunque debba utilizzare il logo e di controllare che questo sia utilizzato in modo corretto senza snaturarne l’immagine e il messaggio. L’obiettivo è fare in modo che ogni comunicazione del brand sia coerente, evitando errori dovuti ad un uso improprio del marchio. Generalmente un brand book manual completo contiene: le specifiche del logo e l’area di rispetto, la palette cromatica primaria e secondaria, la tipografia, le regole di utilizzo, l’iconografia, il tono di voce, il trattamento delle immagini e le loro applicazioni.
Il rebranding è una delle strategie di branding possibili. Comporta la modifica del logo, del nome, dei simboli o una combinazione di tutti questi elementi per riposizionare o rafforzare il valore di un brand.
L’obiettivo è quello di costruire un’immagine coordinata totalmente nuova.
Molto spesso, il rebranding è un’operazione necessaria a seguito di un cambiamento della mission aziendale (nuovi prodotti, nuovi mercati), di un cambiamento del proprio pubblico, un mutamento del paradigma o delle tendenze in atto, di una fusione tra due imprese, oppure quando il logo risulta vecchio e lontano dagli stili attuali.
Si tratta, quindi, di una strategia messa in atto per stare al passo con i cambiamenti del contesto di riferimento.
Il restyling di un brand è un intervento “soft” volto a modificare il logo, cambiandone ad esempio la font, i colori o le forme.
Ma non è tutto: si può realizzare anche un nuovo payoff, una nuova brochure e tutto il materiale grafico in generale.
L’obiettivo è quello di svecchiare il brand, rendendolo più moderno e più coerente con il contesto di riferimento.
Presentarsi sul mercato con un marchio stilisticamente ancorato nel passato, infatti, può far percepire i prodotti dell’azienda obsoleti, non al passo con i tempi e con le innovazioni
La comunicazione crea valore, permettendo al prodotto e alla marca di essere conosciuti e apprezzati, soprattutto quando è supportata da un’adeguata strategia e corrette operazioni di marketing. In questa fase ci occupiamo di codificare il messaggio in parole, immagini e simboli in modo coordinato e coerente con quanto definito e previsto nelle linee guida della brand identity.
Tutti i materiali di comunicazione identificati nella strategia di branding diventano touchpoint attraverso i quali il pubblico viene a contatto con la marca e la “consuma” facendola propria. Ogni artefatto è studiato per essere di supporto alla strategia di branding individuata all’inizio del progetto.
Gli Obiettivi di Marketing di un brand possono essere diversi e dipendono molto dalla tipologia dell’azienda, dalle sue dimensioni, dalla sua storia e cultura aziendale e anche dalla tipologia di prodotto/servizio offerto. Lo strumento che serve a pianificare gli obiettivi di marketing è il Marketing Plan, consentendoti di allocare con maggiore efficacia gli investimenti di Marketing. Per essere vincente deve saper organizzare le strategie in modo da ottimizzare la distribuzione delle risorse in funzione degli obiettivi di marketing. I principali step sono l’analisi della situazione attuale, la pianificazione della strategia di marketing e dei KPI (Key Performance Indicators), la pianificazione delle attività, lo sviluppo della customer relationship e del piano di comunicazione anche attraverso la scelta dei canali di comunicazione idonei, la definizione del budget e per finire i controlli di attuazione attraverso periodici check nel breve periodo.
La strategia di comunicazione di un brand prende forma nel piano di comunicazione che dovrebbe essere il punto di partenza per la promozione on e off line di qualsiasi azienda, prodotto o servizio. Elaborare e mettere in atto azioni pubblicitarie senza una guida predefinita e obiettivi chiari prefissati, è come guidare a fari spenti nella notte. Il piano di comunicazione è uno strumento essenziale per la gestione di tutte le attività sui social media, sul sito web, nonché di tutti gli strumenti di comunicazione tradizionale off-line. È una “mappa” che guida il brand verso il raggiungimento di obiettivi predefiniti, chiari e misurabili. Il primo passo è quindi individuare degli obiettivi di comunicazione e le buyer personas, (ossia i destinatari dei tuoi messaggi descritti dal punto di vista socio-culturale delle loro abitudini digitali e d’acquisto). Si passa poi a scegliere il communication mix più adatto, l’insieme dei canali di comunicazione per veicolare i messaggi del brand, che va di pari passo alla definizione della media strategy (redazione del media plan) ed all’elaborazione della content strategy, di cui il copywriter è la figura di riferimento.
Il social media marketing o marketing nei social media è quella branca del marketing che si occupa di generare visibilità su social media e le comunità virtuali. Si avvale di tutte quelle attività volte alla gestione dei rapporti sui social media e all’ottimizzazione della presenza sul web. L’obiettivo è avviare conversazioni con utenti-consumatori per creare una affinità tra questi e il brand che si rappresenta. Il social media marketing, a differenza degli altri tipi di marketing, consente alle aziende di interagire direttamente con gli utenti che possono dare voce alle loro opinioni consentendo alle aziende di ottenere un feedback diretto. Questo nuovo aspetto consente di selezionare target precisi interessati al brand su cui andare a fare pubblicità mirate massimizzando i risultati in tempi brevi. L’obiettivo primario è generare interazione (engagement) e condivisione (social sharing) per aumentare la visibilità e la notorietà del brand. La figura che pianifica le strategie di comunicazione su questi media è il Social Media Manager.
Lo UI Design (User Interface design) e lo UX Design (User Experience Design) sono ambiti strettamente legati al Web Design e alle professionalità che sono coinvolte. Il web designer è la figura professionale che si occupa dell’estetica di un sito web, o di una app, è un creativo esperto di grafica, colori, forme e tipografia e padroneggia linguaggi come HTML5 e CSS3 con cui può ricreare l’interfaccia che ha disegnato. Il web developer è la figura professionale che si incarica di trasformare in codice ciò che il web designer disegna. Quando il web design ha iniziato a non occuparsi solo dell’aspetto estetico, ha iniziato a porsi il problema dell’usabilità approfondendo le tematiche legate all’esperienza che l’utente ha quando naviga. Lo UX design (User Experience design, che in italiano si traduce come progettazione delle esperienze utente) è l’insieme dei processi che mirano a massimizzare la soddisfazione dell’utente durante l’esperienza di utilizzo di un artefatto digitale interattivo. Se lo UX Designer si occupa di progettare lo scheletro di un prodotto interattivo lo UI Designer si occupa invece di rivestirlo con il vestito più adatto alla comunicazione dei valori del brand.
Brochure o opuscolo, flyer o volantino, pieghevole o depliant ed infine catalogo… sono davvero tanti i supporti cartacei per la promozione di un brand. La brochure è uno stampato rilegato, costituito da un numero contenuto di pagine. Si differenzia dal catalogo per il carattere più emozionale e dal flyer, o pieghevole, perché permette di approfondire la presentazione dell’azienda, dei suoi valori, dei suoi prodotti e/o servizi. È utile per i commerciali se si vuole lasciare qualcosa di sé ai propri clienti, oltre al biglietto da visita. Il flyer, o volantino, e la cartolina sono strumenti cartaceo versatili utili per informare, con contenuti sintetici ed incisivi, e per promuovere eventi o attività commerciali. Il pieghevole, o depliant, è uno strumento di comunicazione per promuovere ed informare, ma, rispetto al flyer, permette di farlo con contenuti più esaustivi, grazie al maggior spazio a disposizione. Si tratta infatti di un foglio piegato con più facciate ed è una soluzione molto flessibile in quanto, a seconda del formato e della piega scelta, assume svariate configurazioni. Il catalogo è supporto più completo ed esauriente a livello di contenuti, ma è anche quello più tecnico. Contiene le schede tecniche dei prodotti/servizi e talvolta i prezzi. È solitamente costituito da molte pagine e rilegato in brossura.
Il termine infografica, che unisce i termini information (informazione) e graphic (grafica) è una forma di comunicazione che si è diffusa moltissimo sia sul web sia sulle pagine stampate. E’ un tipo di rappresentazione grafica in grado di raccontare in modo molto rapido e sintetico numerosi dati e concetti, e di esporre dati e contenuti numerici che potrebbero risultare noiosi e complicati. Le infografiche sono rielaborazioni in una forma grafica di raccolte di dati destrutturati su un argomento specifico. Il risultato è un’immagine capace di trasmettere un concetto, un ragionamento in modo efficace ed immediato. Nata dall’incontro tra graphic design, giornalismo ed informatica si traduce in una proiezione schematica di dati in veste più grafica e visuale che testuale. Ideare infografiche di valore non è semplice, la progettazione di esperienze coinvolgenti, interattive e informative è un talento. Le infografiche sono molto efficaci sui social network ed anno tasso di condivisione da parte degli utenti molto alto perché consentono di fruire in modo semplice e veloce diverse informazioni. Il vantaggio è avere una percezione visiva del dato attraverso la sintesi grafica che fa leva sui processi cognitivi e percettivi dell’utente. Questo fa sì che la soglia di attenzione si alzi e l’apprendimento ne risulti facilitato.
La newsletter o DEM (Direct Email Marketing) è uno strumento di marketing tra i primi utilizzati su Internet. E’ una specie di “bollettino” o “notiziario” che un brand invia tramite email ai propri contatti per dare loro aggiornamenti su iniziative, novità e promozioni. Le liste (mailing list), sono raggruppamenti di indirizzi email di utenti, che decidono volontariamente di iscriversi per essere aggiornati su uno specifico prodotto o servizio. Oggi, grazie alla diffusione di efficienti filtri anti-spam, l’email marketing si è evoluto ed è vivo e competitivo, anzi è uno dei canali di marketing più utilizzati essendo anche tra i più economici. E’ fondamentale per il DEM fornire contenuto di valore ogni volta che inviamo una newsletter, ciò che rende il nostro contenuto condivisibile fa sì che possa innescarsi un passaparola. E’ di valore quel contenuto che è interessante ricevere e che non viene classificato solo come comunicazione a scopo commerciale.